Il prodotto complesso e i “pezzi di ricambio”

Secondo l’art. 31, comma 3, del D.Lgs. 30/2005 (il “Codice di Proprietà Industriale” o “c.p.i.”), un “prodotto complesso” è il prodotto costituito da diversi componenti sostituibili e che è smontabile e rimontabile. Tra i prodotti complessi, dunque, rientrano quei prodotti che sono progettati con un certo numero di parti determinate e necessarie al relativo funzionamento; tali parti costituiscono i c.d. “pezzi di ricambio” che vengono commercializzati autonomamente rispetto al prodotto considerato nella sua interezza.

Tralasciando la questione riguardante la tutela dei pezzi di ricambio e le condizioni affinché questi vengano considerati nuovi e con carattere individuale ai fini della relativa registrazione, in questa sede ci si sofferma sull’azionabilità dei diritti di esclusiva sui pezzi di ricambio da parte del titolare di un prodotto complesso ed, in particolare, sul diritto del terzo a produrre e commercializzare parti di ricambio identiche a quelle originali.

Il diritto del terzo a produrre e commercializzare parti di ricambio identiche alle originali

Il diritto in questione trova origine nella Direttiva Comunitaria 98/71/CE sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli e nel Regolamento UE n. 6 del 2002 su disegni e modelli comunitari, norme che consentono una libera utilizzazione del prodotto complesso, al solo fine di ripararlo.

Ai sensi di quanto previsto dall’art. 18 della Direttiva 98/71/CE, tuttavia, quanto sopra avrebbe dovuto costituire una disciplina transitoria, in attesa di valutare gli effetti della disciplina stessa sulle dinamiche economiche comunitarie, per poi procedere ad eventuali modifiche necessarie per l’armonizzazione del mercato interno.

Tuttavia, sebbene siano state presentate alcune proposte da parte della Commissione, ad oggi nessuna modifica è stata apportata, difatti l’art. 241 del c.p.i. dispone che «fino a che la Direttiva 98/71/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 Ottobre 1998, sulla protezione giuridica dei disegni e modelli non sarà modificata su proposta della Commissione a norma dell’art. 18 della Direttiva stessa, i diritti esclusivi sui componenti di un prodotto complesso non possono essere fatti valere per impedire la fabbricazione e la vendita dei componenti stessi per la riparazione del prodotto complesso, al fine di ripristinare il prodotto originario».

In altri termini, il titolare di un disegno o modello su un componente di un prodotto complesso, non può vietare a terzi di produrre e commercializzare tale componente se lo stesso venga utilizzato per fini di riparazione (i.e., per ristabilire l’aspetto iniziale del prodotto).

La ratio della norma è quella di evitare situazioni di monopolio del mercato secondario delle riparazioni da parte del produttore di un prodotto complesso, il quale potrebbe fissare condizioni capestro (ad es., determinare arbitrariamente i prezzi, dismettere la produzione di un componente, imporre l’acquisto di una serie di componenti anziché solo di quelli strettamente necessari alla riparazione, ecc.).

L’aspetto del ricambio: “must match” e “must fit”

La previsione dell’art. 241 c.p.i. riguardante l’aspetto originario del prodotto va riferita al prodotto così come originariamente creato, comprensivo di tutti i suoi componenti. In questo senso, il pezzo di ricambio deve essere un componente c.d. “must match”, cioè, un componente che riproduce esattamente l’aspetto del componente originario, inserendosi nella forma esterna e visibile del prodotto complesso.

Sul punto, la giurisprudenza è concorde nello stabilire che la libera utilizzazione garantita dall’art. 241 c.p.i. non si applica a quei componenti che stravolgono la forma estetica finale del prodotto complesso e, pertanto, la clausola di riparazione si applica solo ai componenti che riguardano forme necessitate e conformi a quelle stabilite dal costruttore. Inoltre, proprio perché si tratta di clausola di “riparazione”, l’art. 241 c.p.i. non troverebbe applicazione nel caso in cui il pezzo di ricambio venga presentato come astrattamente montabile su una generalità di prodotti complessi, slegandosi dalla necessità di ripristinare l’aspetto originario di un determinato prodotto complesso.

La clausola di riparazione è inapplicabile anche nel caso in cui il componente è nella condizione di “must fit” e, cioè, quando ha una forma dipendente solo dalla necessità di dover essere inserito/montato in un prodotto complesso e la sua funzione è esclusivamente stilistica. Ne sono un esempio i cerchioni per automobili, i quali hanno un’autonomia estetica e commerciale rispetto alla vettura.

Sulla scorta di quest’ultimo esempio, occorre rilevare che la disciplina della clausola di riparazione ha trovato una forte applicazione al mercato della ricambistica delle automobili, laddove, da un lato, le case automobilistiche – titolari di privativa sui disegni e modelli dei ricambi – pretendono il diritto di esclusiva fabbricazione e vendita delle singole componenti anche come parti di ricambio e, dall’altro lato, i ricambisti indipendenti che negano tale diritto.

In ogni caso, rappresentando l’art. 241 c.p.i. una norma di eccezione rispetto ai diritti conferiti dalla privativa, la prova della sua applicabilità (ed, in particolare, della finalità di riparazione) ricade a carico dell’utilizzatore che invoca la deroga.