I Beni Culturali

Il diritto della proprietà intellettuale e, in special modo, il diritto d’autore, rivestono un ruolo sempre più importante nell’ambito della gestione dell’immenso patrimonio culturale italiano.

Partendo dalla definizione di “beni culturali” fornita dal D.Lgs. 42/2004 (“Codice dei Beni Culturali”), sono beni culturali le cose mobili e immobili, appartenenti ad enti pubblici e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentino, tra l’altro, un interesse artistico e storico o nei quali venga espressamente riconosciuta la sussistenza di un interesse culturale, anche se appartenenti a soggetti privati.

Ciò premesso, se si considera che l’art. 9 della Costituzione sancisce il dovere della Repubblica di promuovere lo sviluppo della cultura e di tutelare il patrimonio storico e artistico della Nazione, le due funzioni di promozione e tutela trovano fondamento sia nei princìpi generali della proprietà intellettuale e del diritto d’autore sia nella normativa di protezione dei beni culturali.

La tutela dei Beni Culturali

La relazione fra beni culturali e diritto d’autore è fissata dal Codice dei Beni Culturali, che fa esplicitamente salva la disciplina del diritto d’autore, così sancendo una sorta di doppio binario tra le opere dell’ingegno, la cui tutela ha natura privatistica e individualistica, e i beni culturali, la cui tutela risponde a un interesse collettivo.

Sul punto, è opportuno osservare come, mentre per la tutela di un’opera qualsiasi è sufficiente la creazione dell’opera stessa (purché essa costituisca espressione originale della personalità del suo autore), nel caso dei beni culturali è necessario il riconoscimento della loro importanza culturale e, quindi, un apprezzamento “qualitativo” che invece non è richiesto per la tutela autorale “ordinaria”.

In ogni caso, i punti di contatto tra il Codice dei Beni Culturali e la Legge 633/1941 (Legge sul Diritto d’Autore o “l.d.a.”) sono molteplici.

In primo luogo, troviamo la disposizione di cui all’art. 108 del Codice dei Beni Culturali, ai sensi del quale, in caso di riproduzioni di beni culturali, l’utilizzatore ha l’obbligo di corrispondere canoni di concessione e corrispettivi di riproduzione, come determinati dall’Autorità che ha in consegna i beni in questione. Quanto precede ha indotto anche la giurisprudenza a vietare l’utilizzo delle immagini di beni culturali a fine di lucro. Basti pensare, ad esempio, alla pronuncia del Tribunale di Firenze del 22 novembre 2017 – che ha vietato ad un’agenzia turistica di utilizzare la riproduzione del “David” di Michelangelo in assenza di licenza –, nonché alle più recenti controversie sorte dall’utilizzo, su alcuni capi di abbigliamento, della riproduzione della Venere del Botticelli senza che l’ente competente (i.e., la Galleria degli Uffizi) avesse concesso una licenza a tal fine.

Le esigenze di tutela morale, inoltre, sono comuni in entrambe le discipline. Pertanto, ad esempio, le modifiche e gli atti che recano un danno all’opera o all’onore e la reputazione dell’autore del bene culturale possono essere fatti valere dallo Stato anche dopo la morte dell’autore stesso, se sussistono ragioni di interesse pubblico.

Ulteriori punti di contatto sono forniti dal secondo comma dell’art. 20 l.d.a., il quale prevede che, per le opere dell’architettura riconosciute di particolare carattere artistico, spetta all’autore delle stesse il diritto di studiare ed attuare ogni modifica alle opere stesse. Seppure indirettamente, dunque, anche la l.d.a. protegge l’architettura contemporanea.

Le prospettive future della nuova Direttiva 790/2019

Il legislatore europeo ha promulgato nuova direttiva in ambito copyright – la Direttiva 790/2019 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale – i cui princìpi hanno toccato i diritti di riproduzione sulle “opere dell’arte visiva” (ad es., quadri, affreschi, sculture, ecc.) realizzate da autori morti da più di settant’anni e, quindi, cadute in pubblico dominio.

In particolare, l’art. 14 della Direttiva prevede che alle opere cadute in pubblico dominio non è più possibile applicare anche dei diritti di privativa per controllarne la diffusione e la riproduzione. Tale limitazione incide negativamente sull’applicabilità dell’art. 108 del Codice dei Beni Culturali e, quindi, sul diritto delle istituzioni culturali di chiedere corrispettivi per lo sfruttamento economico delle opere.

Ciononostante, il Legislatore italiano, in attuazione della Direttiva in questione, ha introdotto l’articolo 32-quater nella l.d.a., riportando il contenuto dell’art. 14 della Direttiva stessa e allo stesso tempo precisando che “restano ferme le disposizioni in materia di riproduzione dei beni culturali di cui al Codice dei Beni Culturali”. Tuttavia, lo spirito dell’art. 108 del Codice dei Beni Culturali contraddice implicitamente il dettato dell’art. 14 della Direttiva.