La “funzione tecnica” di un oggetto
Il design peculiare di un oggetto, pur essendo frutto di invenzione originale, non può sempre godere di tutela. L’art. 36 del D.Lgs. 30/2005 (Codice della Proprietà Industriale o “c.p.i.”), infatti, esclude dalla tutela tutti i disegni e i modelli che, pur presentando i requisiti necessari per la registrazione, hanno caratteristiche nell’aspetto del prodotto:
1) che sono determinate unicamente dalla funzione tecnica dello stesso;
2) che devono essere necessariamente riprodotte nelle loro esatte forme e dimensioni per consentire al prodotto in cui il disegno o modello è incorporato, o al quale è applicato, di essere unito o connesso meccanicamente con altro prodotto, ovvero di essere incorporato in esso oppure intorno o a contatto con esso, in modo che ciascun prodotto possa svolgere la propria funzione.
Possono, tuttavia, costituire oggetto di registrazione i disegni o modelli che possiedono i requisiti della novità e del carattere individuale quando hanno lo scopo di consentire l’unione o la connessione multipla di prodotti intercambiabili in un sistema modulare.
Esaminiamo i casi in dettaglio.
Forme determinate unicamente dalla funzione tecnica
Nella prima ipotesi (e, cioè, quella dei disegni o modelli con caratteristiche dell’aspetto determinate unicamente dalla funzione tecnica del prodotto stesso), Il divieto di registrazione ha ad oggetto le forme che vengono adottate per mere esigenze tecniche.
Tale divieto, tuttavia, vige esclusivamente quando l’aspetto tecnico può essere raggiunto solo ed esclusivamente attraverso una determinata forma, forma che è allo stesso tempo utile e inderogabile.
La ratio della norma è quella di impedire di poter ottenere una protezione di durata molto più lunga (quella di venticinque anni prevista per i disegni o modelli) rispetto a quella prevista per il modello d’utilità (dieci anni), impedendo così che i terzi sfruttino l’innovazione tecnica per un periodo di tempo troppo lungo.
La forma che consente il risultato tecnico del prodotto è protetta solo quando lo stesso risultato si può ottenere con altre alternative. In questi casi, la forma ideata dal designer costituisce una scelta che, sebbene condizionata da ragioni funzionali, rimane comunque discrezionale e, quindi, tutelabile.
In questo senso, la giurisprudenza ha ritenuto meritevole di tutela come disegno o modello la particolare forma esteriore di un contenitore di liquidi vaporizzati – e, in particolare, la parte superiore costituita dal cappuccio – che consentiva l’impugnazione della bomboletta cilindrica e l’erogazione. Ciò in quanto una tale conformazione non era essenziale e necessaria rispetto alla funzione attribuita all’oggetto o a singole parti di esso.
Forme necessarie all’interconnessione
La seconda ipotesi, disciplinata dall’art. 36, comma 2, c.p.i., vieta la registrazione come disegni o modelli delle “forme di interconnessione”, cioè delle caratteristiche esteriori di un prodotto che devono essere necessariamente riprodotte nelle loro esatte forme e dimensioni per potere consentire al prodotto stesso di essere unito o connesso meccanicamente con un altro prodotto o di essere incorporato in esso, in modo che ciascun prodotto possa svolgere la propria funzione.
La norma consente dunque la riproduzione delle parti del prodotto che, per forma o dimensione, sono necessarie alla connessione meccanica, a propria volta indispensabile per consentire ai prodotti interconnessi di realizzare la loro specifica funzione.
La differenza rispetto all’ipotesi della “forma tecnica” è che la forma necessaria all’interconnessione è esclusa dalla tutela anche se non sono dettate esclusivamente da ragioni tecniche, essendo sufficiente – come unico presupposto – che le forme siano destinate ad essere interconnesse. L’art. 36, comma 2, c.p.i., infatti, non si applica se la connessione è possibile attraverso l’uso di una forma differente.
Così concepita, la norma intende evitare la monopolizzazione delle forme e delle dimensioni dell’interconnessione, escludendo così la compatibilità tra prodotti di marche diverse, che creerebbero ingiusti ostacoli alla concorrenza.
L’eccezione: i sistemi modulari
L’ultima parte del secondo comma dell’art. 36 c.p.i., in deroga al divieto di registrazione delle forme di interconnessione, consente la registrazione come disegno o modello di forme destinate a consentire l’unione o la connessione multipla di prodotti intercambiabili in un “sistema modulare”. Nei sistemi modulari, l’interconnessione determina l’appartenenza del bene alla sua categoria merceologica e consente al prodotto di svolgere la sua funzione del sistema di parti coordinate.
I prodotti in questione sono beni destinati a combinarsi e collegarsi fra loro reciprocamente per dare vita ad un prodotto composto (ad es., poltrone o sedie impilabili, scaffalature e contenitori modulari, bicchieri e piatti impilabili, ecc.) e che soddisfano tre requisiti: (i) intercambiabilità, cioè la possibilità di sostituzione di un pezzo del sistema con un altro; (ii) unione multipla, cioè la possibilità di realizzare e scegliere tra più connessioni; (iii) componibilità dei singoli prodotti, nel senso che sono in grado di connettersi l’uno all’altro, permettendo diverse e alternative combinazioni.
La ratio della deroga è giustificata dal fatto che, per tali tipologie di prodotti, la riproduzione dell’interconnessione consentirebbe alla concorrenza produrre non soltanto dei pezzi di ricambio, ma addirittura un proprio sistema completo ed autonomo, concorrendo in maniera sleale col titolare del design. Ciò perché, mentre il pezzo di ricambio è un qualcosa di strutturalmente diverso dal prodotto finito a cui fa riferimento, l’elemento del sistema modulare costituisce esso stesso il prodotto.