Più di duemila artisti hanno recentemente inviato ai Presidenti delle Camere Casellati e Fico, nonché al Ministro della Cultura Franceschini, un appello per l’innalzamento dei compensi per gli utilizzi della musica diffusa dalle piattaforme di streaming.

Il mercato della musica digitale nel 2020 ha rappresentato più dell’80% dei ricavi dell’intera industria discografica, con una crescita dei ricavi da abbonamenti streaming del 41% nel solo primo semestre del 2021.

A fronte di ciò, tuttavia, gli artisti lamentano un forte squilibrio tra gli incassi dei colossi dello streaming (come, ad esempio, Spotify e Apple Music) e i compensi percepiti dai titolari dei diritti d’autore, i quali ricevono cifre irrisorie per le utilizzazioni delle proprie opere. Sul punto, basti pensare che le piattaforme di streaming musicali pagano agli artisti cifre che oscillano tra 0,001 dollari e 0,005 dollari per singolo ascolto.

Gli autori chiedono dunque alle Istituzioni di prendere atto della crescita esponenziale del mercato della musica on demand e di riconoscere la necessità di valorizzare il ruolo della figura dell’artista. Tale valorizzazione viene offerta dalla Direttiva sul Copyright (la Direttiva UE 2019/790), che prevede espressamente il principio in base al quale gli autori e gli artisti (interpreti o esecutori), se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere o altri materiali, debbano ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata. Tuttavia, nello schema di attuazione di tale direttiva nell’ordinamento italiano, il Governo non ha preso una posizione specifica e netta sulla questione.

I firmatari dell’appello sono artisti di primissimo piano come Paolo Fresu, Fabrizio Bosso, Ligabue, Irene Grandi, Gianna Nannini, Mario Biondi, Fabio Concato e tanti altri, oltre ad associazioni di interpreti e musicisti (per i quali la Direttiva prevede il diritto al compenso per la musica diffusa dalle piattaforme) come Assolirica, e di etichette musicali come l’adEIdJ (Associazione delle Etichette Indipendenti di Jazz).

Fra tutti, Paolo Fresu ha dichiarato che «l’iniziativa nasce dalla forte preoccupazione per le scelte fatte dal Governo, che al momento non ha voluto risolvere adeguatamente la situazione che vede, da un lato il mercato dello streaming on demand crescere in maniera esponenziale e dall’altro gli artisti ricevere poco o nulla per le utilizzazioni delle proprie opere. I più fortunati guadagnano lo 0.46% di quanto incassa una piattaforma come Spotify o Apple Music».